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Avanzamento lavori ( foto Zanfron)
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Gli scavi, iniziati nel settembre 1956 senza autorizzazione, misero in luce alcune caratteristiche della stratigrafia geologica che in sede di previsione non erano state rilevate. Durante la creazione delle "spalle" della diga, aperte a forza di martelli pneumatici e cariche esplosive, la roccia non si presentò compatta; ad ogni colpo la massa si sbriciolava in mille pezzi mettendo in luce strati differenti di composizione geologica. Durante il consolidamento erano sempre necessari enormi quantità di cemento, in quanto questo veniva assorbito dalla roccia in maniera spropositata. Sicuramente questa fu la prima indagine "vera" condotta sul posto e che doveva far riflettere una volta di più sull'incompatibilità di quell'opera. Furono prese decisioni contraddittorie, come il dilazionare nel tempo le esplosioni diminuendone il carico esplosivo, al fine di non alterare l'elasticità della roccia stessa.
Si riconobbe comunque di aver raggiunto il limite estremo di sicurezza in quanto la roccia, da sola, non poteva fungere da forza resistente e andava aiutata con misure protettive artificiali. Il 22 aprile 1958 il Genio Civile di Belluno concesse alla SADE l'autorizzazione per l'inizio dei getti in calcestruzzo: i lavori |
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sarebbero stati ultimati nell'agosto 1960. Durante questo periodo di intenso lavoro che confermava le capacità tecniche delle maestranze italiane, avvennero due episodi che scossero l'opinione pubblica e gli stessi addetti ai lavori: la frana di Pontesei (22 marzo 1959) e il crollo della diga del Frejus (2 dicembre 1959). |
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