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Le indagini dei geologi Franco Giudici e Edoardo Semenza
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Strada Erto-Val Zemola ( foto E. Semenza) |
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L'incarico commissionato ai due geologi prevedeva: 1) Un rilievo geologico di tutta la zona dell'invaso fino all'incirca all'altezza della strada che circondava il serbatoio (quota 850 metri) senza entrare in eccessivi dettagli. 2) Un rilievo di geologia strutturale di dettaglio delle zone che a seguito dello studio generale fossero risultate in potenziale pericolo di instabilità. 3) Eventuali successive indagini in profondità delle zone sospette mediante perforazioni e scavi di esplorazione. Già nei primi mesi dello studio era stata individuata l'esistenza di numerose fratture profonde diversi metri con riempimento di materiale sciolto e a blocchi. Altri indizi, primo fra tutti la presenza di corpi di masse rocciose con giacitura anormali, permisero di formulare due ipotesi: A) Che il materiale fosse il residuo di una massa scivolata per gravità in epoche remote, dovuto probabilmente al ritiro di un ghiacciaio. Tale massa sarebbe stata tagliata, successivamente, dall'erosione del torrente. B) Che la frana non avesse ostruito completamente la valle, se non in maniera ininfluente. In entrambi i casi la massa era stimata di qualche decina di milioni di metri cubi. Di conseguenza tutta la zona doveva ritenersi potenzialmente instabile. La certezza ormai di trovarsi di fronte ad una montagna mobile portò all'ubicazione dei primi profili geosismici, all'esecuzione delle prime perforazioni geognostiche e al posizionamento di capisaldi. Una decina di questi ultimi vennero installati sul terreno e controllati periodicamente mediante rilievi topografici al fine di accertarne eventuali spostamenti. Per quanto riguarda i sondaggi questi dovettero fermarsi ad una certa quota perché i franamenti continui rendevano difficile lo scavo. I campioni estratti dal terreno riguardavano roccia minutamente fratturata in frammenti di modeste dimensioni, mentre l'acqua di perforazione non risaliva in superficie, andando
frequentemente a disperdersi nelle viscere non compatte del terreno. |
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Panorama (foto R. Cavazzana) |
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Profilo schematico |
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Le perforazioni non giunsero mai al piano di scivolamento ricercato. Le indagini continuarono fino all'estate del 1961, quando fu definitivamente confermata la grandezza della massa in movimento (200 milioni di metri cubi), anche se la più pessimistica delle ipotesi prevedeva un primo crollo del fronte della frana, seguito da successivi che, adagiandosi sul fondo valle, avrebbero stabilizzato il resto della massa. Questa fu certamente l'ipotesi attorno alla quale la SADE ormai si aggrappava, mentre sarebbe stato necessario riflettere correttamente sul resoconto scritto, nel quale si puntualizzava che: "...........Più grave sarebbe il fenomeno che potrebbe verificarsi qualora il piano di appoggio della intera massa, o della sua parte più vicina al lago, fosse inclinato (anche debolmente) o presentasse un'apprezzabile componente di inclinazione verso il lago stesso. In questo caso il movimento potrebbe essere riattivato dalla presenza dell'acqua, con conseguenze difficilmente valutabili attualmente, e variabili tra l'altro a seconda dell'andamento complessivo del piano di appoggio...........". Questa relazione non venne mai inviata agli organi di controllo. |
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